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L’Aba Women’s Riot

 

L’Aba Women’s Riot del 1929 fu una ribellione di due mesi scoppiata in Nigeria condotta dalle donne del mercato locale appartenenti alla tribù Igbo contro gli eccessivi poteri del governo britannico al culmine del colonialismo. La ribellione fu innescata dall’imposizione di una politica fiscale sfruttatrice delle donne, che erano esentate dalle tasse secondo la tradizione Igbo.
Negli anni ’20, il governo britannico fu criticato per non aver sviluppato le colonie nonostante avesse guadagnato molto da loro. In questi anni la Gran Bretagna si stava riprendendo dalla perdita finanziaria della prima guerra mondiale. Per raccogliere fondi, i colonialisti dovettero ricorrere a mezzi interni di generazione di reddito: tra questi, l’imposizione della tassazione diretta alle donne e il calcolo del numero di figli, di capi di bestiame e altre proprietà personali come beni tassabili. Per essere a conoscenza dell’esatto numero della popolazione, gli inglesi organizzarono un censimento legato alla nuova politica fiscale. Le donne del mercato si preoccuparono dei possibili effetti della nuova normativa fiscale e chiesero di poter preservare il loro status di esenzione fiscale. La loro richiesta fu respinta. Volendo difendere a tutti i costi la loro libertà, le donne si impegnarono in una protesta contro il governo britannico, continuando a non pagare le tasse ed impedendo a ogni estraneo di contare le loro proprietà. Durante uno dei conteggi, un litigio tra un ufficiale del censimento e una vedova in uno dei villaggi provocò un assalto alla donna. La notizia raggiunse il mercato nella piazza della città. Le donne, furiose, mobilitarono le colleghe dei villaggi vicini e andarono all’ufficio del capo di mandato locale per chiederne le dimissioni. La protesta crebbe e da un pacifico sit-in si trasformò nella più feroce resistenza che gli inglesi abbiamo mai affrontato nelle loro colonie africane. La conseguenza fu la distruzione delle infrastrutture governative e delle fabbriche di Igboland, che le truppe coloniali e la polizia cercarono di contrastare con forza brutale. Gli inglesi dopo aver qualificato il movimento in questione che stava loro dando grossi problemi come un “Movimento di donne isteriche” passò alla repressione più dura e sparò alla folla uccidendo almeno una cinquantina di donne. Oltre 25.000 donne furono coinvolte, decine delle quali furono uccise o picchiate duramente. A seguito delle proteste, la posizione delle donne nella società migliorò notevolmente e in alcune aree riuscirono addirittura a sostituire i capi di mandato. Altre donne furono nominate per servire nelle Corti native. Dopo la protesta, i movimenti di donne furono molto forti in Ngwaland, e molti eventi degli anni ’30/’50 furono ispirati da esse; tra questi, le proteste fiscali del 1938, le proteste del frantoio degli anni ’40 nelle province di Owerri e Calabar e il rivolta fiscale ad Aba e Onitsha nel 1956. In alcune occasioni ufficiali distrettuali britannici furono chiamati in causa e le forze di sicurezza furono costrette a rompere le proteste. In quelle occasioni, almeno 50 donne sono state uccise a colpi di arma da fuoco e altre 50 ferite. D’altra parte le donne stesse non hanno mai ferito gravemente nessuno contro il quale stavano protestando. La lotta di questa grandi donne non fu dunque portata avanti invano ed oggi esse sono ancora ricordate dagli anziani …se ben cancellate dai libri di scuola e dalla mente dunque delle giovani generazioni……! La statua presente nella Stanza dei Cavalieri della Collezione Garuti, dell’etnia IGBO, in Nigeria, rappresenta una figura regale, dalla caratteristica acconciatura e ornata di scarificazioni sul viso e sul corpo, ha un’altezza di 167 cm e pesa i 17,5 kg. Di un blocco unico in legno, presenta perline e vetri colorati che la ornano.

 

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