Terra in Trance
FakeNews è un collettivo di artisti; il loro strumento principale è la visualità, con la sua capacità di scatenare riflessioni ed emozioni. Sono attivisti impegnati su molti fronti, tra cui i diritti umani e l’immigrazione.
Appena cent’anni fa… l’Italia dissanguò le casse di un paese in gran parte miserabile per conquistare l’Etiopia con abbondante ausilio di gas lanciato dagli aerei, sterminando senza alcun onore una parte della popolazione locale.
La guerra d’Etiopia è stata l’ultima impresa coloniale del XX secolo. Da noi è a mala pena noto che avvenne ma, in Africa, mi sono spesso imbattutto in mostre ed eventi che ricordavano tanto la sconfitta italiana di Adua di fine ‘800, gloria del valore militare africano, quanto la vittoria del 1937. In Italia ce ne rendiamo poco conto, ma in Africa si parla molto di quella Storia, sicuramente assai più che da noi.
La violenza è come l’energia: pur quando non si scatena non si distrugge, ma si trasforma. Ritengo che la memoria di quelle guerre, tenuta ben nascosta tanto nei libri scolastici che nelle buffonate televisive sul Continente Nero, sia ingrediente importante e totalmente taciuto del nostro rapporto con l’Africa.
Il razzismo europeo, e con esso quello italiano, non nasce con i fascismi, ma semmai li determina ed è tutto inscritto nell’epopea coloniale, nella sua letteratura, nelle sue canzonette, nelle sue barzellette, nelle sue miserie.
La violenza africana non scompare. Ha un nome scritto in caratteri maiuscoli e si chiama VENDETTA. “La violenza è l’uomo che ricrea se stesso”, scrisse Fanon. E’ dunque con animo tutt’altro che disteso e senza alcuna dose di cosiddetto buonismo che mi accingo a scrivere di questa mostra. I FakeNews costruiscono le loro “stanze” perchè i visitatori non siano semplici spettatori, bensì ciò che vi viene rappresentato li circondi e li emozioni. Si tratta di Stanze particolari, di ambienti di un castello carichi di sia bellezza che di conflitti.
E’ qui, pensando gli ambienti come “stanze”, tanto nella valenza logistica del termine (unità delimitata di un’abitazione, dove si può alloggiare) che in quella poetica (luogo in cui alloggia un’unità poetica, come la strofa di un poema), in quell’idea di unità chiusa e pur in dialogo sensibile con tutte le altre che il collettivo ha costruito il suo progetto. Un progetto che è un racconto; un racconto che è l’epopea di popoli che di migrazioni ne hanno vissute innumerevoli altre. Popoli che siamo noi; noi che in altri tempi, giusto dietro l’angolo di una storia che ancora ci rode il fegato, abbiamo vissuto la stessa epopea.
Prima di visitare le singole Stanze è necessario ricordare il loro trait-d’union iconico: le sculture africane rappresentano i molti Dante di questo racconto, un viaggio all’Inferno senza alcun “Virgilio”. O forse Dante saranno i visitatori della mostra, guidati da tanti Virgilio di legno. Si tratta infatti di un gruppo numeroso di sculture che rimandano a molti stili dell’arte tribale. Opere in legno di disparata provenienza subsahariana che i FakeNews dispongono in ogni stanza seguendo una loro identità. Disincarnate e straniate dai loro prototipi societari, sacri, rituali, le sculture diventano immaginari e paradossali migranti. Tale processo, che chiamerei di reincarnazione, alloggia molti contenuti. In primo luogo tali opere sono arrivate in Italia senza suscitare alcuna reprimenda, per quanto fossero prive di visto o di passaporto, a meno che non si voglia considerare tale un certificato d’esportazione. In secondo luogo, fossero pur naufragate da una nave, sarebbero rimaste a galla, a differenza degli umani che invece annegano rapidamente. Alla fin fine, per loro in quanto oggetti e per di più oggetti d’Arte, i porti non sono mai chiusi. Disponendo il loro esercito di legno dove meno ce lo si aspetterebbe, i FakeNews giocano con una delle loro figure più efficaci, già patrimonio dell’avanguardia: l’humor noir. Quell’umor nero che mette insieme elementi tradizionalmente inconciliabili, strappando il sorriso e illuminando una tragedia. Lo si vede anche nei détournement della pubblicità, anch’essa sul tema dell’immigrazione, dove una bottiglia di pelati denuncia lo sfruttamento bestiale necessario per produrla.
Impassibili testimoni del lutto, le sculture africane sono esentate dal commentarlo. Ma non ne sono esentati i FakeNews nè chi scrive, che ama l’Africa e detesta gli ipocriti.
L’ARTE DELLA MAGIA, LA MAGIA DELL’ARTE
… La vita mi portò a lavorare in Africa occidentale negli anni che vanno dal 1968 al 1974 come tecnico addetto alla direzione di costruzioni di pozzi d’acqua nella Repubblica del Niger. Questo lavoro mio portò a percorrere migliaia di chilometri addentrandomi in lungo e in largo nel continente africano, dai confini del Mali a quelli della Nigeria, D a h o m e y ( oggi Benin) e Alto Volta (oggi Burkina Faso). Era attività normale visitare questi paesi e prendere coscienza dell’esistenza di queste forme d’arte, lasciandosi coinvolgere dal suo fascino primitivo e sorprendente. Cominciai con il comprare alcuni pezzi tra lo scherno dei miei compagni di lavoro, che non capivano quelle cose. In principio, non era facile ottenere risultati che mi soddisfacessero, per le poche cose che riuscivo a trovare nei ritagli di tempo libero ma, con il tempo, la conoscenza sempre più approfondita dei luoghi, maturata attraverso le miglia spese avventurosamente, mi permise di avere contatti diretti con differenti culture e di vivere nel profondo con quelle tribù dove il culto degli Antenati si praticava attraverso la statuaria, le maschere propiziatorie, i reliquiari ed i feticci, tramite spirituale tra la Terra ed il Cielo… Giordano Garuti Cremona, 2017